domenica 23 maggio 2010

Il Destino di un Uomo


A volte accade.

E' raro, è vero, ma a volte accade.

Accade che qualcosa di superiore riesca a non perdersi nei meandri tortuosi ed oscuri del grigiore quotidiano.

Che questa capacità di essere unico si mostri finalmente agli occhi del mondo, a quegli stessi occhi che fino a poco tempo prima non riuscivano, non sapevano, anzi meglio non volevano, vedere nulla di ciò che da tempo era palese.

E comunque dopo aver corso fino all'ultimo il rischio di sprofondare in una banale mediocrità, condita da qualche soddisfazione, certo, ma infinitesimale rispetto al livello cui era ovvio potesse assurgere.

Per la felicità di pochi, sia ben chiaro, ed io, come qualche altra decina di migliaia, facevo, anzi no, faccio parte di questi.

Quelli che se lo sono goduto quando ancora il calcio che conta (quello dove girano non tanti ma tantissimi dindini) faceva la faccia storta e mostrava la puzzetta al naso.

Quelli che si sentivano dire “si, è bravo, ma in una grande squadra farebbe la riserva fissa” o peggio “Ibra è nettamente più forte, se lo prendiamo è per fare numero”.

E via così, cazzata dopo cazzata, senza ritegno.

E noi a ridere e a dirci “Ma è possibile che siano così ottusi? Che non riescano a percepire la realtà dei fatti?”

Beh, per noi era meglio, ce lo tenevamo e ce lo godevamo di più.

Ma, in fondo, mi sentivo triste per lui, e senza ipocrisia, lo giuro.

Quando hai di fronte un Dio del Calcio che ti dichiara affetto sincero, e non gli fai vincere qualcosa di importante, ti ci incazzi, e lasci da parte, anche solo per un attimo, la fede, la bandiera, i colori.

Il tassametro della vita scorre veloce, il tempo è tiranno e non ti da più di due chances (anzi, a volte nemmeno quelle).

Non c'era tempo, non c'erano le condizioni, perché potesse vincere tutto ciò che era giusto vincesse con una maglia rossoblu.

E allora va bene anche la nerazzurra, almeno la meno peggio delle superblasonate italiane, e comunque una squadra con i controcazzi, fuor di piaggeria, dove mostrare la sua infinita classe e mettere alla berlina i difensori del Barca o del Bayern, così come faceva con quelli dell'Ascoli o del Verona.

Con la stessa disarmante e devastante semplicità che è caratteristica naturale del Campione vero.

E ora?

Ora che sta pranzando al banchetto degli Dei, come era giusto che fosse da tempo, la sua immagine professionale ha necessariamente prevaricato quella dell'amico con cui andresti volentieri a mangiare una pizza.

E' difficile non vederlo come colui di cui si sussurrerà negli anni come di un mito difficilmente ripetibile, anche se credo, fortissimamente, che lui resterà comunque così come noi plebei vogliamo pensarlo, una persona alla mano, sincera e leale.

Per ora, di lui ci restano due cose da conservare gelosamente nella scatola dei ricordi: la gioia di averlo visto in rossoblu, con la certezza che il Genoa gli sia rimasto nel cuore, e la fierezza di aver assistito ad una delle rare volte in cui ciò che è giusto finalmente accade, e, una volta tanto, non vi sono stati ostacoli al raggiungimento dei risultati che, da sempre, erano chiaramente scritti nel suo destino.

Il Destino di un Uomo.

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